mercoledì 19 novembre 2008

Smetti di rompere i cabasisi

al giovane Le Jeune, Gherardo: sopratutto quando ci invita a bere in quel fior di cantina che ci ha così carinamente presentato.
A questo punto, mi sembra giusto un tentativo di ridimensionare l'eccessivo (credo) senso di sicurezza in te stesso, originato da alcuni tuoi recenti successini bloggeristici, tipo il "patientia nostra".
Sappi, dunque, che scrissi quella castroneria di "patientiae nostrae" in uno stato non normale e traumatizzato. Ero stato, infatti, appena vittima di un "furto con destrezza", eseguito in autubus, in Bologna, da alcune facce patibolari di etnia, credo, inconfondibile (ma si tratta, come capisci, di una ricostruzione a posteriori, che può essere presa come un goffo tentativo di razionalizzazione dell'accaduto). Ho buone ragioni, tuttavia, di ritenere sia andata così. In ogni caso, dopo trenta secondi dalla frenetica discesa dall'autobus di uno dei tre pendagli da forca ( e rieccomi con la non-correttezza politica) mi sono accorto che il portafogli se n'era andato.
Ho un bel raccontarmi che ero sovrappensiero (stavo recandomi in un ospedale per un esame clinico un pò delicato, la cui sola idea era bastata a rovinarmi la gioia di vivere per tutta la precedente settimana); che indossavo uno spolverino chiaro da tre lire, ma che agli occhi dei dannati della terra di alcune comunità balcaniche poteva sembrare cone un segno di affluenza e, infine, che sono stato messo fisicamente in una condizione rischiosissima su di un autobus assai pieno (cosa che mi ha impedito di percepire che il senso di pericolo avvertibile si riferiva proprio a me) : il fatto è che subito dopo mi sentivo un pò scemo. Ho preso l'episodio come la certificazione pratica di essere entrato ufficialmente nella senilità; o, se preferisci, nel club dei vecchi rincoglioniti. Cosa un pò irritante, come capisci.
Capirai, perciò, l'intento feroce con cui, poco dopo, esploravo il blog, alla ricerca di qualche bischerata che mi consentisse di sfogare la mia amarezza. Ed è a questo punto che, nella mia mente turbata, un bel genitivo mi è sembrato un degno sostituto di un bell'ablativo. Te ne ho chiesto scusa. Ma tu non credertela troppo. Mi sono ripreso.
Stai bene, con il resto della confraternita.
Debbo, inoltre, delle scuse a Fiorella, per aver deformato il Suo Nome e Cognome. Il Suo viso mi è, invece, assolutamente ben presente: e così il senso di umanità, intelligente e comprensiva, che Fiorella irradiava.

francesco benvenuti

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