domenica 6 dicembre 2009

Sono debitore a Jacopo,

da lungo tempo, di una risposta all'interrogativo che ha avuto l'amichevole cortesia di pormi dopo una mia esternazione di parecchie settimane fa. Cosa sia, oggi, una prospettiva politica "socialista". Per il momento, e per quanto concerne la politica interna di questo paese, non ne vedo (almeno, in termini classici). Penso solo a una prospettiva semplicemente liberista e liberale, che garantisca ai membri del genere italico un'eguale opportunità di partecipare ai meccanismi di mercato, produttivi e di consumo. Per il nostro paese ciò sarebbe un grande progresso, credo, e richiederebbe un maggiore ruolo delle istituzioni e dello Stato. Ciò non è un paradosso. Contrariamene agli ingenuamente interessati assunti del Washington Consensus dell'ultimo ventennio, ho l'opinione che il "libero mercato" vada attivamente organizzato (sopratutto in Italia), affinché esso non diventi la fonte di posizioni di rendita per i capitalisti (sopratutto, nostrani), inclini storicamente alla "socializzazione delle perdite", alla "privatizzazione dei profitti" e al monopolio. Non ho bisogno di ricordare a Jacopo a chi appartenga una siffatta definizione.

Faccio inoltre mio (modestamente: senza un'ipocrita modestia) il ragionamento che ha portato Stati Uniti ed Europa (tranne la Gran Bretagna, è vero) a reagire all'attuale crisi finanziaria con un sensibile intervento statale, in soldi e, sopratutto, in regole di governance (splendida parola...) nel campo della finanza internazionale.

Sempre per l'Italia, credo anche che il lavoro salariato, sopratutto manuale, ma non solo, sia storicamente retribuito in modo sproporzionatamente basso rispetto a quanto avviene nel resto d'Europa. Ciò non si riferisce, però (giudico), al lavoro manuale non salariato, di tipo artigianale e professionale, che riesce a difendersi non malaccio grazie non solo al suo innegabile talento ma anche all'evasione fiscale sistematica.

Temo, tuttavia, di non poter escludere che, nel futuro di un'umanità che cresce ad un ritmo eccessivo e che è obbligata per questo a trovare sempre nuovi artifizi per continuare a segare il ramo su cui è seduta e, al tempo stesso, evitare di precipitare, possa esservi bisogno di una radicale limitazione dei consumi non essenziali e delle produzioni ecologicamente più dannose. In questo caso, potrebbero rivelarsi opportuni metodi di limitazione della produzione paradossamente (sì: perché il socialismo classico si basava sull'ipotesi di un'illimitata disponibilità di risorse naturali) "socialisti": basati, cioè, sul consenso maggioritario degli esseri umani,

sperabilmente non rassegnati al suicidio della specie e inclini a prendere in considerazione l'opportunità di contrastare, anche in modo autoritario, la divisa individualistica di "dopo di me, il diluvio".

Come vedi, Jacopo, sono il socialista minimalista di sempre.



Le vieux

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